
<<Che cos’è, il meglio?>> chiese il vento.
E il rabbino disse:<<La nostra storia. Quella l’abbiamo portata con noi.>>
E.Hilsenrath – Jossel Wassermann torna a casa
Jossel Wasserman, nato in una shtetl ebraica in un luogo geograficamente fluido, emigrato in Svizzera, crede di essere in punto di morte e durante la stesura del testamento decide di raccontare la sua storia e quella della shtetl.
Le potenzialità per essere un bel romanzo c’erano tutte.
C’erano.
Jossel Wassermann torna a casa non è un libro bello e non è un libro brutto, è semplicemente uno di quei libri che alla fine non ti lasciano niente.
Lo sviluppo della storia è poco interessante, non ci sono personaggi memorabili, non ci sono dinamiche particolari.
Eppure c’erano delle buone premesse.
La dicotomia tra le piccole storie quotidiane e personali che verranno dimenticate e La Storia che verrà ricordata nei libri è un buon pretesto, davvero. Ma tutto il resto è sviluppato, a mio avviso, male.
C’è una totale assenza di note esplicative che in caso di termini legati alla cultura ebraica trovo sempre molto utili oltre che interessanti.
Ci sono delle piccole incongruenze nel racconto e qualche confusione su alcune date.
C’è, nella prima parte, un’eccessiva insistenza sui problemi di flatulenza di alcuni personaggi della quale mi sfugge totalmente il senso ai fini del racconto (no, se avete più di 4 anni non fa ridere).
Il finale è uno dei più fastidiosamente aperti che ricordi.
E più di tutto c’è un senso di noia che pervade lettore per tutto il libro.
Qualcuno di voi lo ha letto e magari la pensa diversamente?
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